La logica vincente delle formiche

Cosa lega le colonie di formiche, il videogame SimCity, lo sviluppo urbano, il cervello umano e l’economia?


Qualche aiuto ci può venire da Steven Johnson, apprezzato divulgatore scientifico, che nel saggio La nuova scienza dei sistemi emergenti, edito da Garzanti, descrive un movimento nato venti anni fa con l’istituzione del famoso Santa Fe Institute (fondato nel 1984 nel New Mexico), ovvero l’emergentismo.



Per illustrarlo, si può ricorrere all’esempio con cui Johnson apre il suo libro: le colonie di formiche. Diversamente da quanto tramandato dalla cultura popolare, questi insetti non modellano il loro comportamento secondo un sistema gerarchico e autoritario, ma secondo un movimento che in gergo si definisce bottom-up , ossia dal basso verso l’alto. Ciò nonostante, essi riescono ad avere comportamenti globali straordinariamente intelligenti.


Uno dei principali mezzi di comunicazione usati dalle formiche è la secrezione di sostanze chimiche note come feromoni, tramite le quali esse dimostrano “la misteriosa e inquietante capacità” – per dirla con Johnson – di calcolare il percorso più breve verso diverse fonti di cibo. Per far ciò le formiche non rispondono a una fonte di controllo centrale, non eseguono gli ordini di una regina, ma si muovono secondo una “logica di sciame”: un gruppo di esploratrici parte alla ricerca di cibo e quando l’hanno trovato, lasciano lungo la strada di ritorno verso il formicaio uno strato di feromone che sarà più o meno spesso a seconda della lunghezza del tragitto. Ma la quantità di feromone a disposizione di ogni individuo è limitata, e dunque va usato con “oculatezza”. Poiché le formiche esploratrici sono migliaia, in breve lo sciame avrà a disposizione un vero sistema di “autostrade del cibo”, più o meno segnalate dalla quantità di feromone.


L’aspetto più interessante di questo fenomeno è che una singola formica non sarebbe in grado di raggiungere un simile risultato: un insieme di formiche, invece, è capace di auto organizzarsi e di interagire a livello individuale per dare luogo a un comportamento collettivo complesso.


Questo comportamento è ciò che si definisce un fenomeno “emergente”.


L’idea fondamentale dell’emergentismo – noto anche come “fisicalismo non-riduzionista” – è che un sistema di agenti locali è in grado di produrre comportamenti globali senza il bisogno di alcuna autorità centrale e che tali comportamenti non sono né predicibili né spiegabili sulla base delle proprietà dei singoli componenti del sistema. A questa concezione si oppongono i “riduzionisti”, secondo i quali ogni fenomeno è spiegabile in termini di proprietà dei suoi componenti.


L’emergenza si può riferire a fenomeni appartenenti ad ambiti molto diversi.


Economia, sociologia, psicologia, mezzi di comunicazione, progettazione di videogame sono accomunati da dinamiche proprie della “logica dello sciame”, per effetto della quale comportamenti molto complessi e articolati possono essere generati dall’interazione locale di componenti molto semplici.


Un esempio è offerto dall’organizzazione aziendale.


Alcune industrie specializzate nell’hi-tech, come la Sun Microsystem, la casa di software australiana TCG e il gruppo taiwanese Acer, hanno sperimentato, con risultati soddisfacenti, tecniche emergenti nella gestione del loro personale, sostituendo le strutture a dipartimenti e dirigenze gerarchiche con una rete di piccole unità composte da una decina di persone, che possono riunirsi in gruppi e porsi dei traguardi senza dover ricorrere alla guida di un capo.


Queste “organizzazioni emergenti” hanno dimostrato di saper essere “innovatori brillanti, e tendono a essere più adattabili ai cambiamenti improvvisi rispetto ai rigidi modelli gerarchici”.


Johnson, inoltre, osserva come l’emergentismo stia vivendo una fase decisiva della sua storia.


Dopo una prima fase in cui alcuni pionieri hanno tentato di capire “la forza dell’auto organizzazione” e una seconda in cui il suo studio è assurto a disciplina a sé, a partire dagli anni Novanta “abbiamo smesso di analizzare l’emergenza e abbiamo iniziato a crearla. Abbiamo costruito sistemi auto-organizzanti nelle applicazioni software, nei videogiochi, nell’arte e nella musica”.


Questa nuova fase dell’emergentismo presenta un aspetto davvero affascinante sotto il profilo sia filosofico sia metodologico: lo “stare a guardare”.


I sistemi emergenti che si stanno costruendo, infatti, escludono quella capacità di controllo che è tipica dell’approccio scientifico moderno. Bisogna costruirli, lasciare interagire localmente i loro componenti e stare a vedere cosa accade.


Questo è particolarmente evidente, ad esempio, nei videogichi di ultima generazione. Mentre i videogame degli anni Ottanta e dei primi anni Novanta erano fondati sul controllo totale del giocatore, su personaggi fissi e ripetitivi, su regole semplici e chiare e ambienti chiusi e ben definiti (basti pensare a Pacman o Quake), quelli attuali sono concepiti su principi opposti.


In SimCity o in The Sims (dove può essere simulata la vita di un piccolo quartiere di una città) il gioco può essere controllato solo “da lontano”. Si fanno le proprie scelte e si sta a vedere vede quello che succede: il giocatore, in continua evoluzione, può fare la corte a un personaggio virtuale, ma l’esito di questo approccio non è scontato e dipende da molti fattori indipendenti da lui. Oppure, nel caso di SimCity , il cui giocatore ha la possibilità di progettare lo sviluppo di una città, può capitare di costruire un parco in un “quartiere bene” e vedere poi quest’ultimo trasformarsi in un covo della microcriminalità notturna. A somiglianza di quello che può succedere nella vita reale …


Fin dalla sua nascita all’emergentismo non sono state lesinate le critiche, soprattutto da parte dei “riduzionisti”, che negli ultimi anni ne hanno messo in discussione la capacità di descrivere alcuni complessi fenomeni del mondo umano o naturale. È difficile dire quale sarà l’esito di questa disputa. Per il momento non rimane che avere pazienza e “stare a vedere”.


E magari scopriremo ancora una volta, come profetizza Johnson, che “le formiche ci avranno preceduto”.


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